ArtemideOggi è la festa della donna e mentre svolgo le mie faccende di un sabato mattina dai sentori di primavera penso alla donna, alle donne e soprattutto al mio essere donna.
Aggiusto un rubinetto, lavo l’auto e mi viene in mente la dea  Artemide: torno avidamente a leggerne il mito sul libro ” Le dee dentro la donna” di  Jean S. Bolen

Artemide o Diana è la dea della caccia e della luna. Rientra tra le dee vergini, non è mai stata rapita e non fu mai metà di una coppia marito-moglie. In quanto dea vergine rappresenta il senso dell’integrità, di completezza, un atteggiamento “so-badare-a-me-stessa” che le permette di funzionare da sola, fiduciosa di sé e con spirito d’indipendenza.
La sua identità e il senso del proprio valore non dipendono dal fatto di essere sposata, o con chi, ma da ciò che è e da ciò che fa. 

L’archetipo di Artemide dà alla donna la capacità innata di concentrarsi intensamente su qualsiasi cosa lei consideri importante, senza lasciarsi distrarre nel suo cammino, né dai suoi bisogni né dalla competitività.

Artemide rappresenta qualità idealizzate dai movimenti femminili: realizzazione e competenza, indipendenza dalle altrui opinioni e interesse per le donne e per le giovani donne vittime e impotenti. Il movimento femminista, di cui Artemide è archetipo, ha portato in primo piano l’importanza di un parto sereno e sicuro e del ruolo della levatrice. E anche qui trovo delle cose che mi uniscono a lei.

Inoltre Artemide  era accompagnata da uno stuolo di ninfe, divinità minori delle montagne, dei boschi e dei ruscelli, che andavano con lei esplorando e cacciando in lungo e in largo, in luoghi selvaggi. Erano come sorelle.

Artemide è attratta dai luoghi selvaggi e incolti, è l’archetipo che sovraintende all’unità della donna con se stessa e la natura che qualcuna avverte quando dorme sotto le stelle, passeggiando lungo una spiaggia solitaria o contemplando il deserto sentendosi in comunicazione spirituale con la natura.

Artemide, in quanto dea della luna, ha una visione lunare. Visto al chiaro di luna il paesaggio si trasforma, i particolari diventano indistinti, belli e misteriosi. Lo sguardo è attratto verso l’alto, verso i cieli stellati, oppure verso un’immagine più ampia e allargata della natura. Al chiaro di luna, chi è in contatto con la dimensione di Artemide, diviene parte inconsapevole della natura, per qualche istante in essa e tutt’uno con essa.
Le donne che seguono Artemide nelle regioni impervie scoprono se stesse e per questo diventano più riflessive. Spesso  hanno sogni più vividi e questo favorisce uno sguardo interiore

Ma chi erano i genitori di Artemide? Leto (divinità della natura figlia dei titani, compagna illegittima di Zeus) che l’ha amata teneramente e Zeus (re dell’Olimpo) che l’ha approvata aiutandola a mettere in atto il suo potenziale.
Sarà per questo Artemide percorre con sicurezza la sua strada, si accetta come persona e si sente contenta di essere Donna?
Artemide, gemella di Apollo, appena nata aiutò la madre nel lungo e difficile travaglio della madre che dava alla luce Apollo. Artemide fu la levatrice di sua madre e fu considerata anche la dea del parto. Le donne ricorrevano a lei come soccorritrice del dolore del parto.

Quando Artemide compì tre anni, Leto la portò sull’Olimpo per mostrarla a Zeus. Artemide chiese a suo padre arco e frecce, una muta di cani per andare a caccia con le nife, una tunica abbastanza corta per correre, montagne e terre selvagge: tutte cose che il padre le concesse, con in più il privilegio di poter fare personalmente le sue scelte.

Da quando ho conosciuto il mito di Artemide, e l’interpretazione che ne dà la Bolen nel suo libro, mi ritrovo spesso a riconoscermi in lei, esploro terre selvagge al chiaro di luna con il  mio arco e con le mie sorelle ninfe con le quali ho intrapreso un meraviglioso viaggio.

Auguri di realizzazione a tutte le donne: selvagge o addomesticate, dipendenti o indipendenti, ferme o in viaggio. Auguri davvero.