Esiste, per ognuno di noi, un grande Progetto.
Ogni tanto bussa con forza alle porte della nostra mente e del nostro cuore, altre volte fermenta in silenzio, ogni tanto ci fa paura e lo ignoriamo, altre volte lo accogliamo con coraggio: la realizzazione di sé.

Proviamo a definire cosa si intende per realizzazione di sé, partendo da ciò che non è:
– realizzare se stessi non vuole dire vivere in totale autonomia e auto-riferimento egoistico.
– non vuole dire agire a discapito degli altri o dell’ambiente che ci circonda con atteggiamento di violenta arroganza
– non vuole dire creare una immagine “di successo” agli occhi degli altri.

Realizzare se stessi è un viaggio che dura l’intera vita, che inizia nel contesto in cui si nasce, nell’esclusivo ruolo di figli, e che prosegue in base alle proprie inclinazioni e la propria capacità di intuirle e perseguirle.
L’intuizione è sicuramente uno degli strumenti che vanno affinati nella realizzazione del nostro progetto.

La realizzazione di sé inizia dai “no”, ovvero quando sentiamo che ciò che ci circonda crea un disagio e ci fa dire: “questo non fa per me”. E’ dal riconoscimento del disagio che arriva la risorsa, ovvero l’inizio della ricerca di ciò che potrebbe farci stare meglio.

Attenzione: qui c’è un tranello nel quale si cade all’inizio della ricerca della soluzione.
Potrebbe capitare di credere che per superare il disagio occorra procurarci qualcosa di immediato e concreto (un oggetto nuovo, un abito alla moda, un’auto più potente, nuove relazioni, nuove avventure…), talvolta è così ma nella maggior parte dei casi è un palliativo che non fa che rinviare la ricerca della soluzione reale.

Rinviare (consapevolmente) è comunque una buona strategia, nell’attesa di avere compreso meglio e aver recuperato gli strumenti necessari per portare il cambiamento necessario.

Finché non avremo compreso realmente i nostri bisogni non potremo trovare la strada per soddisfarli.

Dopo una serie di rinvii e qualche tentativo, senza esito, di soluzione verso il miglioramento, potremmo sentire una spinta di forza uguale e contraria che ci invita a modificare qualcosa e soprattutto a trovare nuove strategie.

I tentativi di cambiamento fallimentari che ingenuamente mettiamo in atto, a partire dalla prima parte della nostra vita, sono la lamentela e la colpevolizzazione dell’altro o della situazione in cui siamo cresciuti. Entrambe sono strategie che portano il “potere” della nostra vita fuori da noi, ecco perché non portano ad un reale cambiamento del disagio, anzi lo confermano ulteriormente.

Se mi lamento di una situazione, invece di confrontarmi sulla situazione difficile e la fatica che comporta la ricerca di una soluzione, sto raccontando al mio interlocutore (e a me stesso) che non esiste alternativa al mio ruolo vittima e in quanto tale non ho il potere -la possibilità- di fare nulla. La “vittima” vive uno stato mentale passivo e attiva nell’interlocutore sensibile il bisogno di offrire soluzioni. Spesso le soluzioni offerte dall’altro non funzionano, semplicemente perché riguardano l’altro.
Colpevolizzare qualcun altro per una condizione dalla quale non riusciamo a liberarci riporta nuovamente il potere fuori da noi. Dare la colpa agli altri (o alle situazioni ambientali) vuole dire dare il potere della nostra vita agli altri, delegare agli altri la nostra realizzazione è pretendere che gli altri risolvano i nostri problemi, che ci rendano felici, che ci restituiscano quello che crediamo ci sia stato tolto: un’infanzia felice? un’amore non vissuto a pieno? un lutto prematuro e ingiusto?

“Quindi? Come si fa?”
Occorre prendersi le proprie responsabilità e comprendere che se non siamo noi ad esercitare il potere -sfruttare le possibilità di scelta- saranno gli altri a farlo per noi. Nel modo che riterranno più opportuno.”

La nostra salute fisica e mentale fa parte delle nostre responsabilità, non possiamo delegarla agli altri. Solo noi possiamo veramente prenderci cura di noi stessi e quindi poter stare bene anche nel nostro contesto familiare, di coppia, lavorativo. Pensare di poter realizzare noi stessi attraverso il lavoro, l’altro nella coppia, i figli, l’apprezzamento dei genitori è una illusione spietata.

Per prima cosa dobbiamo sperimentare l’ascolto, la comprensione, l’indulgenza, la perseveranza, la pazienza verso noi stessi.

Per prima cosa dobbiamo metterci in Ascolto, senza credere di sapere già di cosa abbiamo bisogno, intuire dai disagi piccoli e grandi e, piano piano, portare piccoli cambiamenti nel nostro modo di approcciarci al nostro mondo, ma solo dopo esserci davvero ascoltati

Per Ascoltare davvero serve silenzio e umiltà, accettare che all’inizio faccia paura, quando sentiamo la paura siamo pronti :-).
L’ascolto va allenato, vanno creati dei presupposti per creare il silenzio necessario, in genere nella nostra mente c’è molto rumore di fondo.

Stai per organizzare appuntamenti con la persona più importante della tua vita: te stesso.

Come allenare l’ascolto di sé:
Tenere un diario è una buona strategia per iniziare: registrare le sensazioni e le emozioni che hanno accompagnato gli eventi, se possibile appuntare le sensazioni in tempo reale. Questo permette di rileggere e comprendere meglio le ricorsività per poi poterci lavorare “a bocce ferme”. Per approfondire leggi questo mio articolo del 2014.
– Imparare tecniche di meditazione e rilassamento; sono fondamentalmente semplici da apprendere e richiedono disciplina nel praticarle, in breve tempo si riesce a cogliere la differenza nella qualità del nostro pensiero, tra quando si pratica e quando non si pratica. Queste tecniche sono molto utili per creare calma mentale e quindi ridurre il rumore di fondo che c’è nella nostra mente che ostacola l’Ascolto. Per approfondire leggi questo mio articolo del 2016
Trovare un interlocutore competente, che sia in grado di ascoltare in modo empatico, che sia in grado di ampliare il punto di osservazione della situazione, che crei un contesto di ascolto autentico e quindi di potenziale risoluzione delle difficoltà attraverso maggiore comprensione. Per approfondire leggi questo mio articolo del 2014

Queste tre possibilità non si escludono a vicenda, sono strumenti che ci possono accompagnare nella realizzazione del nostro Progetto di vita, nei momenti critici, nei momenti di passaggio, nei momenti in cui sentiamo di avere bisogno di aiuto, perché ognuno di noi sta cercando, consapevolmente o meno, una soluzione ai propri “No”, ognuno di noi è alla ricerca della realizzazione di sé.