C'era una voltaTutto ebbe inizio quando, appena finita l’università, mi trovai a dover “assolvere” il tirocinio obbligatorio per accedere all’esame di stato. Non sapendo dove girarmi decisi di andare a curiosare nella neuropsichiatria infantile (oggi psicologia dello sviluppo) di una a.s.l. nella periferia sud di Torino. La mia tutor, tra le varie attività previste in quel servizio, mi coinvolse nella organizzazione e conduzione di gruppi di psicodramma infantile diretti a bambini in età di latenza (6-12 anni circa) che nonostante la loro giovane età avevano già attraversato momenti veramente drammatici nella loro esistenza.

Il lavoro consisteva nel raccontare una fiaba, generalmente dei fratelli Grimm, scelta in base alle vicissitudini dei bambini appartenenti al gruppo. La fiaba veniva narrata nella versione originale, senza edulcorazioni né censure avvenute negli anni successivi dai vari “commercianti di fiabe” per renderla più appetibile. Una volta finito il racconto si invitava i bambini a mettere in scena la fiaba, inizialmente i ruoli venivano scelti spontaneamente dai piccoli attori, lasciando però i ruoli delle varie streghe cattive, lupi affamati, genitori abbandonaci a noi conduttori; al momento opportuno i ruoli si scambiavano e gli adulti diventavano bambini vittime ed eroi della fiaba e i bambini diventavano gli orchi per poi, nei momenti salienti, scambiarsi nuovamente i ruoli. Al termine della messa in scena venivano appesi degli enormi fogli sui muri e bambini potevano disegnare qualsiasi cosa venisse loro in mente. Ogni bambino descriveva il proprio dipinto.

Col passare del tempo e facendo altre esperienze professionali ho potuto constatare quanto, in alcuni casi, le fiabe, i miti e i racconti possano essere una strumento utile per aiutare il paziente/cliente a trovare nuove soluzioni atte ad allentare e sciogliere i nodi della vita.

E’ noto che coi bambini non sia facile dialogare, soprattutto di cose che li toccano nel profondo. I bambini hanno un maggiore accesso al mondo della fantasia e quindi alle soluzioni magiche: se l’adulto intende relazionarsi in modo proficuo con loro, occorre che si avvicini il più possibile a quel tipo di linguaggio.

Con gli adulti, invece, avviene il passaggio opposto. Nella maggior parte delle persone predomina il pensiero razionale: diventa spontaneo cercare di spiegare tutto con la razionalità e ciò che non è motivato da un pensiero logico si tende a cestinarlo, non considerarlo, accantonarlo e talvolta connotarlo come disvalore. In alcuni casi ciò che viene chiuso in un cassetto e messo a tacere si manifesta in modo più “accettato” per esempio come un improvviso mal di stomaco, una fastidiosissima orticaria e altre soluzioni fantasiose che il nostro corpo è in grado di generare. Alcune volte ciò che viene messo a tacere con consecutivi “massì dai, cosa vuoi che sia”, nei nostri confronti, nei confronti di chi ci sta accanto e alle relazioni significative (famiglia, coppia, lavoro), creano degli improvvisi e disastrosi effetti domino o stati di cristallizzazione della vita dai quali sembra non potere uscire mai.

Raccontare le fiabe dei fratelli Grimm a quei bambini mi è sembrato inizialmente una tortura, non riuscivo a coglierne il senso. Chi conosce le versioni originali di queste fiabe sa quanto siano crude. Mi sembrava di girare il coltello nella piaga della sofferenza di quelle creature  innocenti.

Oggi lavoro con gli adulti, quando si arriva ad un certo grado di conoscenza, quando il racconto della propria storia e la costruzione di nuovi significati ha generato un nuovo modo di capire gli eventi, il pensiero razionale deve lasciare spazio alle soluzioni della fantasia affinché arrivi il tanto desiderato cambiamento. Si sa che l’unico vero cambiamento origina da nuova conoscenza e nuova consapevolezza. (P.Watzlawick., H.J.Weakland, R.Fisch, Change. Sulla formazione e soluzione dei problemi.1974 Astrolabio.)

Non di rado, in questo punto del percorso terapeutico, consiglio la lettura di alcuni racconti che riprendono archetipi e passaggi salienti della vita. Spesso queste storie sono ricche di atrocità ed eventi spaventosi che non sono altro che la metafora di ciò che talvolta viviamo; eventi che se visti con la mente razionale non hanno alcun valore (“ma che vuoi che sia mai…”) ma se visti con la mente emotiva fanno sentire in serio pericolo. La fiaba permette all’adulto di accedere a quella parte di sé irrazionale e fantasiosa che è abituato a mettere da parte ed utilizzarla per dare nome e rielaborare ciò che altrimenti sarebbe difficile decodificare. Rivedersi nei personaggi delle storie, vivere simbolicamente passaggi evolutivi che nella vita stiamo rimandando per i motivi più diversi, permette di individuare tematiche prima invisibili e sospese, lasciarle accedere alla razionalità e far loro prendere parte al dialogo terapeutico.

B. Bettelheim, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. 2006 Feltrinelli

C.P.Estés,Donne che corrono coi lupi, il mito della donna selvaggia.1993 Frassinelli

L Carroll, Alice nel paese delle meraviglie. 1975 , Garzanti editore 1989.