Nel corso di una sessione di allenamento del training autogeno, il carico di tensioni fisiche e psicologiche accumulato viene scaricato attraverso le cosiddette “scariche autogene”; ossia quei fenomeni transitori di origine psicologica o somatica che tendono a manifestarsi in modo decrescente fino a sparire completamente.
Per questo, spesso, nelle fasi iniziali dello svolgimento degli esercizi, si possono verificare scariche motorie (movimenti involontari, prurito, solletico, tosse, irritazione della gola, singhiozzo, goccia al naso, bisogno di muovere la lingua, di deglutire, di sbadigliare, riso, spasmi), scariche uditive (ronzii, fischi, rumori), scariche vestibolari (vertigini, senso di galleggiamento) o ancora scariche affettive (emozioni di vario tipo positive o negative).
Di qualunque tipo siano le scariche autogene in genere interessano aree somatiche (muscoli, vista, ecc.) o aree psicologiche (affetti, pensieri, ecc.) sovraccariche di tensione che in tal modo viene diminuita gradualmente.
La deglutizione, per esempio, è legata ad un fisiologico aumento della salivazione, che alcuni avvertono sin dagli inizi del ciclo inferiore.
Le scariche autogene sono la manifestazione del riadattamento omeostatico che permette l’eliminazione dell’ipereccitamento neuronale. La scarica autogena ha la stessa funzione della valvola del vapore della pentola a pressione che si attiva per riportare la pressione ad un livello adeguato al funzionamento ottimale.
Le scariche autogene andranno via via diminuendo e saranno sempre meno disturbanti con il proseguire dell’allenamento.
Luthe ha sviluppato nel T.A. superiore l’utilizzo delle interpretazioni delle scariche autogene e delle immagini autogene come fonte di informazioni e spunto per successive associazioni. Schultz non approfondisce molto questi fenomeni transitori e li definisce semplicemente “sintomi da allenamento”.