foto Simonit&Sirch

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La descrizione accurata della potatura della vite e dei sentimenti che accompagnano questa attività mi ha fatto venire in mente il grande lavoro di attenzione, valutazione, ascolto, cernita e fiducia che facciamo ogni volta in cui sentiamo il bisogno di “sfrondare” la nostra vita.

Ognuno di noi arriva ad un punto in cui si rende conto che è necessario dare un taglio a ciò che non è più funzionale alla nostra crescita e che anzi tende ad ostacolarla, assorbendone la linfa vitale senza dare frutti.

La a me molto cara S., invia questa mail per aggiornare alcuni di noi su come procede il suo viaggio e riassume così la sua esperienza nel potare le piante di vite. Un racconto di metafore che perfettamente calzano alla nostra indispensabile attività di potatura della vita.

Vi lascio queste parole dietro suo consenso e auguro a chi lo desidera di trovare mano ferma, capacità di interpretazione dei rami, voglia di scommettere e soprattutto fiducia nel raccolto che ne conseguirà.

Settembre è alle porte e le nostre piante stanno dando adesso i frutti degli anni precedenti. L’estate ci invita ad osservare i nostri rami.

 

“POTARE LA VIT* (Metodo Guyot)
To prune, potare.

Rappresenta il compito più impegnativo per il viticoltore. L’intervento di potatura si pone l’obiettivo di migliorare la produzione della pianta assicurandole nel contempo un giusto equilibrio vegetativo.

La pianta di vite si presenta come un tronco legnoso da cui partono dei rami. Potare vuol dire scegliere a quale ramo dare fiducia, come si fa coi cavalli all’inizio di una corsa.

Il ramo prescelto si tiene, tutti gli altri take off. E’ un sacrificio di vino. Così il ramo eletto godrà di tutta la linfa vitale della pianta che sarebbe altrimenti andata sprecata in pampini.

Potare è investire. Il ramo vincente dev’essere scelto con cura e lucidità: non troppo sottile, non troppo vecchio, non troppo corto, nella giusta direzione, nella giusta posizione.

Alcune piante partono arrese, tristi. Rami sottili privi di intenzione vanno in tutte le direzioni: improduttivi, zac zac, tagliare via tutto.

Altre piante (poche) si mostrano intraprendenti e confuse: tre, quattro o addirittura cinque rami ambiziosi che rendono ardua la scelta del potatore.

Altre ancora (rare) sono prive di dubbi: il ramo vincente cresce sicuro di venire scelto; è più bello e più forte degli altri, è nella corretta posizione, ha anche iniziato da solo ad attorcigliarsi al filo giusto senza esitare. Sticazzi.

Il ramo vincente dev’essere scelto con cura, è in gioco la produttività della pianta.

A volte la mia mano è ferma, altre volte ha dei dubbi: capita quando un ramo nuovo nasce da un ramo vecchio. L’istinto suggerisce di tagliare, il metodo dice che ci sono possibilità di riuscita. C’è una percentuale di rischio in entrambe le scelte. Perché i rami vecchi non sono tutti vecchi nello stesso modo: alcuni sono sterili, altri sono esperti. E lo scopri solo dopo il taglio, se tagli.

Guardo la pianta e ci penso su.

Se taglio il ramo vecchio alla radice la pianta può irrobustirsi oppure indebolirsi.

Se il ramo lo tengo c’è la possibilità che la base vecchia renda sterile il ramo giovane oppure che lo renda più forte.

Dentro la pianta c’è una lotta, una rivoluzione quasi immobile di cui non vedrò l’esito. Mi dispiace.

Ultima annotazione: nelle piante di vite si trovano spesso coccinelle.”